Vitello tonnato. Artusi fu il primo a scrivere la ricetta
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Il francesismo serviva solo per dare lustro a una pietanza nata dall’uso di una carne di recupero. Ci spiega le origini di questa pietanza, probabilmente piemontese, il professor Ballarini. Il tonno arrivò a “conciare” il piatto solo alla fine dell’Ottocento
Vitel tonnè, vitello tonnato. Il termine potrebbe far pensare a un francesismo, ma anche a un’influenza dialettale presa dal piemontese, dal lombardo, dall’emiliano, dal veneto, terre che, da sempre, si contendono la paternità di questo piatto della nostra tradizione gastronomica. Il vitello tonnato, ha origini antiche e certamente italiane, probabilmente piemontesi, ma nulla a che vedere con la lingua francese! Ce lo spiega bene il professor Giovanni Ballarini, Emerito all’Università degli Studi di Parma e, prima, docente del Corso di laurea in Scienze Gastronomiche. «Il termine non era tonné, ma tanné che, in francese significa conciato», ci racconta. «Si intendeva connotare una carne di vitello conciata, pasticciata, insomma. Si è pensato bene di usare un vocabolo che richiamasse al francese unicamente per dare lustro a un piatto che nasceva come riciclo. Si usava, infatti, l’avanzo della carne di vitello, specialmente lessata e per dare sapore e anche ammorbidirla, si aggiungeva della salsa».
Prima di Pellegrino Artusi nessuno scrisse mai la ricetta del vitello tonnato. Fu lui a codificarlo per la prima volta citandolo come antipasto nel suo libro La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene. Questo non significa però che il piatto non fosse popolare, anzi, i ricettari sono nati per chi sapeva leggere (a quell’epoca pochissime persone). Il vitello tonnato era molto diffuso tra il popolo proprio perché era fatto con carne di scarto e si poteva cucinare in anticipo. Fino al 1815 il pranzo non era strutturato come oggi lo immaginiamo. Non esisteva una separazione tra le portate, ma quello che c’era a disposizione veniva servito tutto insieme sulla tavola e quindi, non c’era il tempo di cucinare in fasi diverse. Il vitello tonnato era comodo proprio per questo motivo. Solo con il Congresso di Vienna del 1815 e con la nascita della grande borghesia, cambiano anche le abitudini di servizio e il pranzo è scandito da tempistiche e portate poste in tavola in momenti diversi.
Inoltre, se è vero che le origini geografiche sono incerte, è altrettanto vero che molti indizi farebbero pensare al Piemonte: la vicinanza con la Francia (e da qui l’idea di chiamarlo con un nome che rimandasse ai cugini d’Oltralpe), il transito degli acciugai per queste terre e la presenza delle vie del sale, ad esempio. Secondo Ballarini l’uso del tonno, per conciare, per condire la carne, non può essere precedente al 1870-80 perché solo in quegli anni nasce il tonno in scatola proposto in enormi contenitori da 5 chilogrammi che furono poi vietati nel 1953-54 a causa delle infezioni da stafilococco che colpivano il pesce lasciato aperto per diversi giorni. Prima di allora, il tonno non era mai arrivato nel Nord Italia. Nessun dubbio invece sulla presenza dei capperi già presenti nelle salse del Settecento. L’essere salati, infatti, permetteva la loro conservazione e quindi il commercio e l’uso il cucina.
di Elena Caccia
La ricetta dell’Artusi
«Prendete un chilogrammo di vitella di latte, nella coscia o nel culaccio, tutto unito e senz'osso, levategli le pelletiche e il grasso, poi steccatelo con due acciughe. Queste lavatele, apritele in due, levate loro la spina e tagliatele per traverso facendone in tutto otto pezzi. Legate la carne non molto stretta e mettetela a bollire per un'ora e mezzo in tanta acqua che vi stia sommersa e in cui avrete messo un quarto di cipolla steccata con due chiodi di garofani, una foglia d'alloro, sedano, carota e prezzemolo. L'acqua salatela generosamente e aspettate che bolla per gettarvi la carne. Dopo cotta scioglietela, asciugatela e, diaccia che sia tagliatela a fette sottili e tenetela in infusione un giorno o due in un vaso stretto, nella seguente salsa in quantità sufficiente da ricoprirla. Pestate grammi 100 di tonno sott'olio e due acciughe; disfateli bene colla lama di un coltello o, meglio, passateli dallo staccio aggiungendo olio fine in abbondanza a poco per volta e l'agro di un limone od anche più, in modo che la salsa riesca liquida; per ultimo mescolateci un pugnello di capperi spremuti dall'aceto. Servite il vitello tonnato con la sua salsa e con spicchi di limone. Il brodo colatelo e servitevene per un risotto»
Vitel tonnè, vitello tonnato. Il termine potrebbe far pensare a un francesismo, ma anche a un’influenza dialettale presa dal piemontese, dal lombardo, dall’emiliano, dal veneto, terre che, da sempre, si contendono la paternità di questo piatto della nostra tradizione gastronomica. Il vitello tonnato, ha origini antiche e certamente italiane, probabilmente piemontesi, ma nulla a che vedere con la lingua francese! Ce lo spiega bene il professor Giovanni Ballarini, Emerito all’Università degli Studi di Parma e, prima, docente del Corso di laurea in Scienze Gastronomiche. «Il termine non era tonné, ma tanné che, in francese significa conciato», ci racconta. «Si intendeva connotare una carne di vitello conciata, pasticciata, insomma. Si è pensato bene di usare un vocabolo che richiamasse al francese unicamente per dare lustro a un piatto che nasceva come riciclo. Si usava, infatti, l’avanzo della carne di vitello, specialmente lessata e per dare sapore e anche ammorbidirla, si aggiungeva della salsa».
Prima di Pellegrino Artusi nessuno scrisse mai la ricetta del vitello tonnato. Fu lui a codificarlo per la prima volta citandolo come antipasto nel suo libro La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene. Questo non significa però che il piatto non fosse popolare, anzi, i ricettari sono nati per chi sapeva leggere (a quell’epoca pochissime persone). Il vitello tonnato era molto diffuso tra il popolo proprio perché era fatto con carne di scarto e si poteva cucinare in anticipo. Fino al 1815 il pranzo non era strutturato come oggi lo immaginiamo. Non esisteva una separazione tra le portate, ma quello che c’era a disposizione veniva servito tutto insieme sulla tavola e quindi, non c’era il tempo di cucinare in fasi diverse. Il vitello tonnato era comodo proprio per questo motivo. Solo con il Congresso di Vienna del 1815 e con la nascita della grande borghesia, cambiano anche le abitudini di servizio e il pranzo è scandito da tempistiche e portate poste in tavola in momenti diversi.
Inoltre, se è vero che le origini geografiche sono incerte, è altrettanto vero che molti indizi farebbero pensare al Piemonte: la vicinanza con la Francia (e da qui l’idea di chiamarlo con un nome che rimandasse ai cugini d’Oltralpe), il transito degli acciugai per queste terre e la presenza delle vie del sale, ad esempio. Secondo Ballarini l’uso del tonno, per conciare, per condire la carne, non può essere precedente al 1870-80 perché solo in quegli anni nasce il tonno in scatola proposto in enormi contenitori da 5 chilogrammi che furono poi vietati nel 1953-54 a causa delle infezioni da stafilococco che colpivano il pesce lasciato aperto per diversi giorni. Prima di allora, il tonno non era mai arrivato nel Nord Italia. Nessun dubbio invece sulla presenza dei capperi già presenti nelle salse del Settecento. L’essere salati, infatti, permetteva la loro conservazione e quindi il commercio e l’uso il cucina.
di Elena Caccia
La ricetta dell’Artusi
«Prendete un chilogrammo di vitella di latte, nella coscia o nel culaccio, tutto unito e senz'osso, levategli le pelletiche e il grasso, poi steccatelo con due acciughe. Queste lavatele, apritele in due, levate loro la spina e tagliatele per traverso facendone in tutto otto pezzi. Legate la carne non molto stretta e mettetela a bollire per un'ora e mezzo in tanta acqua che vi stia sommersa e in cui avrete messo un quarto di cipolla steccata con due chiodi di garofani, una foglia d'alloro, sedano, carota e prezzemolo. L'acqua salatela generosamente e aspettate che bolla per gettarvi la carne. Dopo cotta scioglietela, asciugatela e, diaccia che sia tagliatela a fette sottili e tenetela in infusione un giorno o due in un vaso stretto, nella seguente salsa in quantità sufficiente da ricoprirla. Pestate grammi 100 di tonno sott'olio e due acciughe; disfateli bene colla lama di un coltello o, meglio, passateli dallo staccio aggiungendo olio fine in abbondanza a poco per volta e l'agro di un limone od anche più, in modo che la salsa riesca liquida; per ultimo mescolateci un pugnello di capperi spremuti dall'aceto. Servite il vitello tonnato con la sua salsa e con spicchi di limone. Il brodo colatelo e servitevene per un risotto»