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Veneto: 5 luoghi da scoprire

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Cinque luoghi da scoprire raccontati da influencer e personaggi del mondo del food che ci accompagnano in un percorso unico



Veneto nel cuore

Elisabetta Artemisia Ferrari, giornalista, social media specialist e insegnante di yoga
Portogruaro nel cuore

“La mia zona del cuore è il Veneto orientale, terra di confine che si affaccia al Friuli e mescola tradizione e cultura in una miriade di piccole città da scoprire, dialetti diversi e una cucina ricca e varia. Vi consiglio di partire dalla mia città dal fascino medievale, Portogruaro, per scendere verso il mare e visitare Caorle con le sue calli e campielli alla veneziana e magari arrivare fino alla la- guna con i suoi tramonti scenografici e le meravigliose isole che circondano Venezia.” Mammola

Portogruaro è una deliziosa cittadina sospesa tra Medioevo e Rinascimento, attraversata dal fiume Lemene. Il primo documento ufficiale che attesta l’esistenza di Portogruaro è datato 1140, e ben presto, grazie anche alla presenza del fiume, la città diventa un centro di commercio. L’emblema cittadino è lo splendido Municipio, il Palazzo Comunale in stile gotico che si trova nella vivace Piazza della Repubblica. Una costruzione in mattoni a vista che risale al 1265. Il punto più caratteristico della cittadina sono sicuramente i due mulini ad acqua del ‘400 ancora presenti a vegliare sul fiume. Tra salici piangenti ed edifici medievali troviamo il caratteristico loggiato della pescheria con la piccola cappella della Beata Vergine delle Grazie, la cui devozione risale alla prima metà del ‘600. Fino a non molti anni fa il commercio del pesce a Portogruaro si svolgeva proprio in questa pescheria con il contributo dei pescatori provenienti dalla vicina Caorle; furono gli stessi pescatori che decisero di costruire una piccola cappella per proteggere il loro lavoro. Vale la pena fare una sosta al museo nazionale Concordiese, un museo archeologico molto importante, ricco di oggetti rinvenuti dallo scavo del vicino comune di Concordia Sagittaria, importante centro romano, e della sua necropoli. 

Diego Rossi,
chef del Ristorante Trippa a Milano
La Venezia in miniatura

“Ci sono un sacco di luoghi che mi piacciono e che mi sono rimasti nel cuore. Sicuramente però Burano (e Venezia) hanno un posticino d’élite. Burano è un isolotto coloratissimo all’interno della laguna veneziana. È una Venezia in miniatura. La amo d’inverno, avvolta dalla nebbia e in primavera con i prati fioriti e l’aria frizzante e marina. Meglio visitarla in bassa stagione e perdersi appena fuori dal centro (seppur piccolissimo), magari passeggiando anche sull’isola di Mazzorbo.”

Burano è un’isola unica: colorata, accogliente, emozio- nante. Qui le case dai colori accesi si riflettono nell’acqua della laguna: arrivando con il vaporetto si vede subito che è un posto indimenticabile. In passato era il comune a scegliere di quale colore dipingere le case, oggi invece la scelta è lasciata alle singole famiglie. Una delle case più pittoresche è la casa di Bepi, un si- gnore che vendeva caramelle nella pizza principale dell’isola, e decise di dipingere la sua casa di tantissimi colori. Tra i canali più curiosi c’è Fondamenta Cao di Rio, il canale con la posizione più favorevole per essere baciato dalla luce. Le case si specchiano nell’acqua con i loro colori. Le Fondamenta terminano con una piccola terrazza con vista sul Torcello: vedere l’alba da qui toglie davvero il fiato. C’è anche il ponte dell’amore da queste parti, ma il romanticismo si trova in ogni angolo. Come Pisa, anche Burano ha la sua torre pendente, oltre a una chiesa assai particolare, la chiesa di San Martino in Vescovo. Una chiesa senza entrata principale, con un esterno rimasto incompiuto. La pesca è sempre stata un’attività fondamentale per l’isola di Burano, si pescava a strascico oppure lasciando la trèssa e la seragia, così si chiamavano le reti, in acqua per lunghi periodi di tempo. Di notte si pescava con la fàgia, una fiaccola di can- ne utile per attrarre il pesce: oggi tale tecnica è cono- sciuta con il nome di fagiarotto. Percorrendo il ponte di legno, si può raggiungere Mazzorbo, isola da cui si può godere una bellissima veduta della skyline dell’isola di Burano. Mazzorbo è diventata famosa per la nascita di Venissa, un ristorante wine resort, nato dal recupero di un’antica vigna murata. Oggi da qui si esporta anche oltreoceano un vino unico per il suo sapore. 

Massimo Spallino,
chef del ristorante
Alla Vecchia Stazione di Canova di Roana (VC) La bellezza unica dell’Altopiano

“Faccio fatica a scegliere un posto del cuore, perché a guardare il mio territorio con gli occhi da innamorato, ogni stagione, ogni angolo ti resta dentro. Adesso ci sono tutti i faggi e i larici dai colori fluorescenti. Qui nella valle abbiamo tantissimo: dai graffiti rupestri, ai forti fino alle trincee della guerra. Basta incamminarsi lungo un sentiero, girarsi e ammirare tutta la pianura veneta, la laguna. Tutto l’Altopiano è un posto del cuore. Il mio posto preferito però resta davanti al camino di qualsiasi rifugio a bere un bel bicchiere di vino in compagnia.”

C’è una sensazione che si prova quando si arriva sull’Altopiano: la calma e il relax che ti avvolgono. Siamo a 1000 metri di altitudine, con cime che rag- giungono anche i 2300 metri: una cornice di monti che racchiude al suo interno una valle punteggiata di borghi, prati, boschi e pascoli. L’Altopiano di Asiago è detto anche Altopiano dei Sette Comuni, formato da paesi legati da una storia molto antica che, in passato, vide la formazione di una federazione, la Spettabile Reggenza dei Sette Comuni, fondata nel 1300 che cessò di esistere con l’intervento di Napoleone. Asia- go può essere considerata a buon diritto il capoluogo dell’Altopiano. Promossa al ruolo di città nel 1924 con un Decreto Regio firmato dal Re Vittorio Emanuele III, è la più piccola città d’Italia e vanta una popolazione di soli 7000 abitanti. Se fate un giro in città non perdetevi Piazza Carli con la sua fontana del Fauno, divinità protettrice dei greggi e dei campi, raffigurata qui con orecchie appuntite, corna e piedi da capra.

Qui si affaccia il Duomo di San Matteo, con la sua monumentale facciata in marmo rosso, mentre accanto si trova il Palazzo del Municipio con una svettante torre campanaria. Avvicinandovi alla torre riuscirete a scorgere il Leone di San Marco scolpito sulla pietra bianca.

Chi ama la vita all’aria aperta non può perdersi i 500 km di strade sterrate e sentieri di montagna, con 34 percorsi CAI tracciati. I più temerari possono provare a scalare le Cime dell’Altopiano, ma anche cimentarsi con rafting e parapendio. L’Altopiano di Asiago è un posto perfetto anche per i bambini, vale la pena fare un giro al Villaggio degli Gnomi in località Poslen, a pochi minuti dal centro di Asiago. Grazie al supporto delle guide si può fare una passeggiata da favola nel bosco dove pare vivano queste fantastiche piccole creature: visitare per credere e per scoprire di essere ancora bambini. 

SARDE IN SAOR: IL SAPORE DELLA LAGUNA

Come spesso succede sono proprio i piatti poveri che diventano nel tempo l’emblema della cucina regionale. Sappiamo che le sarde in saor siano nate intorno al 1300 per venire incontro all’esigenza dei marinai veneziani che dovevano conservare il pesce durante le lunghe traversate in mare. La cipolla e l’aceto supplivano all’assenza dei frigoriferi e permettevano di mantenere buono il pesce per diversi giorni. Un tempo venivano usate anche diverse spezie per questa preparazione: chiodi di garofano, cannella, pepe e coriandolo. Nella not- te della festa del Redentore, la terza domenica di luglio, le sarde in saor vengono preparate proprio come una volta. 

 

 

Anna Maschio,
Responsabile Comunicazione Prime UvE
Rigenerarsi ai piedi del monte Pelmo

“Il mio posto del cuore? Villanova di Cadore, ai piedi del Monte Pelmo che si chiama anche Caregon de ‘l Padreterno perché ha la forma di un posto dove il Creatore si potrebbe in effetti anche sedere, in un momento di relax. Nessun posto mi rigenera come questo. L’odore del bosco, il rumore del torrente Boite, l’aria croccante; in ventiquattro ore mi sento già una donna nuova.”

Tracce dei dinosauri, escursioni e sport invernali, i moti- vi per visitare il Monte Pelmo sono moltissimi. Sorge tra la Val di Zoldo, la Valle Boite e Selva di Cadore, ed è una delle vette più note delle Dolomiti bellunesi. Alla base di questa montagna c’è una particolare forma concava che trasforma il monte in un gigantesco trono, noto anche come Caregon de ‘l Padreterno. Particolarmente amato dagli appassionati di trekking, il Monte Pelmo van- ta caratteristiche geologiche molto interessanti: basti pensare che, proprio ai suoi piedi, sono state rinvenute le prime testimonianze della presenza di dinosauri nella zona dolomitica. Su tutte le pareti della montagna si sviluppano numerosi itinerari piuttosto lunghi e di diversa difficoltà. Una delle escursioni più conosciute, il “Giro del Pelmo” ha come punto di partenza e d’arrivo il Rifugio Staulanza (1773 metri), posto tra la Val di Zoldo e la Val Fiorentina. Il percorso ad anello può essere effettuato sia in senso orario che antiorario e consente due bellissime varianti: una sale fino al masso delle orme dei dinosauri, l’altra è diretta al Rifugio Città Fiume, uno straordinario punto panoramico. Il rifugio, dedicato agli esuli della città di Fiume, è uno dei 66 che fanno parte del progetto Rifugi delle Dolomiti Unesco, nato per sensibilizzare visitatori e turisti e per sottolineare l’importanza di queste strutture nelle Alpi. Il rifugio è stato inaugurato nel 1964 e ha preso il posto di un’antichissima malga, la Durona, datata 1600. 

Luca Maruffa,
Brand Manager di Zonin 1821
A Possagno sulle orme di Canova

“Uno dei posti più belli è Possagno. Qui ci sono cose che tolgono il fiato come il Tempio Canoviano e la gipsoteca con i gessi di Canova. Sono luoghi bellissimi, in una delle zone più belle del Veneto. La zona di Asolo, ricca di vigneti, si trova qui vicino”.

Diversi piccoli borghi immersi nel verde, ecco come si presenta la cittadina di Possagno in provincia di Vi- cenza. Qui nacque nel 1757 uno degli artisti più talen- tuosi del nostro Paese, Antonio Canova, che si trasferì a Roma per poi girare l’Europa senza mai dimenticare la sua città natale. Poco distante da Asolo e da Villa Barbaro a Maser, oggi Possagno è una meta perfetta per una giornata sulle orme del grande artista neoclassico. Ci sono infatti due importanti attrazioni da vedere ed entrambe sono collegate proprio a Canova: la Gipsoteca e il Tempio, una chiesa nella forma proprio di un tempio greco ispirato al Pantheon di Roma, dove ora è sepolto. All’interno si trovano altre opere di Canova come la pala d’altare e la scultura della Pietà: in que- sto caso opera incompiuta che l’artista ha realizzato in gesso senza riuscire a completare la trasposizione in marmo prima della morte.

Canova ritorna a Possagno in ritiro nel 1798, per dedicarsi alla sua passione giovanile: la pittura. Proprio in questi anni realizza “La Deposizione” destinata alla Chiesa parrocchiale della cittadina. Nel centro del paese si trova la sua casa natale, conservata proprio com’era negli ultimi anni di vita dell’artista. Nei dintorni di Possagno si possono visitare anche alcuni campi della Prima Guerra Mondiale: da queste parti, infatti, vennero combattute alcune delle battaglie più sanguinose del massiccio del Grappa che costrinsero la popolazione alla fuga. 

La Gipsoteca canoviana

Dopo la morte di Canova nel 1822, il fratello Giovanni Battista Sartori decise di spostare a Possa- gno tutte le opere che erano rimaste nello studio dove l’artista lavorava a Roma. Accanto a quella che era stata la casa natale di Canova creò quindi uno spazio espositivo: una raccolta principalmente di gessi e bozzetti in argilla che raccontano il lavoro di questo grande scultore. La visita alla Gipsoteca di Canova è indispensabile per comprendere come lavorasse l’artista e come avesse introdotto nel mondo dell’arte un’intuizione geniale: la produzione in serie. Qui non si trovano infatti le opere finali in marmo, ma le copie in gesso che venivano realizzate come base, per poi riprodurre la stessa statua più e più volte. Sui gessi erano apposti dei piccoli chiodini che servivano alla squadra di Canova per prendere le misure e ricreare l’opera nel marmo. Pur non trattandosi di statue in marmo, i gessi possiedono la stessa eleganza e la visita alla Gipsoteca consente di ammirare una accanto all’altra alcune delle opere migliori del Canova: dalle Grazie ad Amore e Psiche, da Napoleone Bonaparte a Teseo e il centauro. 



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