Ultima cena: Urciuoli e Berogno ci svelano il menu
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Cosa mangiarono Gesù e i discepoli nell'Ultima cena? Dove si svolse uno dei banchetti più famosi del mondo? A questi e molti altri interrogativi hanno cercato di rispondere i due archeologi torinesi, specialisti in cibo antico, con il loro ultimo volume Gerusalemme: Ultima cena
Forse è la cena più famosa del mondo, eppure ne sappiamo ancora poco. Gerusalemme: l’Ultima cena, in arrivo in libreria per Ananke da metà maggio, potrebbe però toglierci più di una curiosità. A un anno di distanza dal viaggio in Palestina si è conclusa, infatti, la ricerca storico-archeologica, condotta da Generoso Urciuoli e Marta Berogno - entrambi archeologici torinesi e specialisti in cibo antico - sul menu dell’Ultima cena. Un lavoro che utilizza il filtro del cibo per indagare uno degli avvenimenti chiave per la cultura occidentale e non solo, presumibilmente accaduto all’inizio del I secolo d.C.
Di grande rilievo per ricostruire la tavolozza alimentare della Palestina dell’epoca è stato lo studio di alcuni dei banchetti più significativi citati nel Nuovo Testamento: «Il popolo di Israele – spiegano Urciuoli e Berogno – ha un legame molto forte con il cibo, che assume una valenza spirituale e culturale fondamentale; con il banchetto delle nozze di Cana abbiamo fatto luce sulle tradizioni alimentari e sulle numerose regole (kasherut), che rappresentano il fondamento della pratica religiosa, mentre con il banchetto di Erode abbiamo analizzato quali potevano essere le influenze, soprattutto romane, di una cucina internazionale presente a Gerusalemme».
Cosa si mangiò dunque a quel fatidico banchetto? Secondo gli archeologici, tenendo presente il filtro del filogicamente accettabile, è molto probabile che sulla tavola dell’Ultima cena fossero presenti alimenti tipici della Galilea e specialmente di Cafarnao: pesce san Pietro insaporito con aromi e timo, lo cholentdi legumi (tradizionale stufato per le festività), erbe amare, schiacciata di fichi e tzir, ossia una variante locale del garum (salsa di pesce della cucina romana). Immancabili poi pane azzimo e vino aromatizzato, comuni a tutti i banchetti.
Quanto all’ambientazione, il libro – in seguito a una scrupolosa ricerca iconografica delle raffigurazioni realizzate in Oriente e Occidente dal III secolo d.C. in avanti – si distacca dal modello del cenacolo vinciano e rappresentazioni successive. «Attraverso i dipinti – raccontano Urciuoli e Berogno - siamo abituati a vedere Gesù e gli apostoli seduti dietro a un tavolo, ma i Greci e i Romani erano soliti mangiare semisdraiati e adagiati, come gli abitanti della Palestina all’epoca di Gesù. Non c’erano triclini in tutte le case, ma ovunque tappeti e cuscini con una serie di tavolini bassi, dove veniva appoggiato il cibo».
Queste e molte altre le affascinanti questioni affrontate nel volume Gerusalemme: Ultima cena. Presente anche un’accurata appendice di ricette, relative al periodo storico preso in esame.
Gerusalemme: l’Ultima cena
di Generoso Urciuoli e Marta Berogno
Ananke Edizioni
16,50 euro – 204 pag
di Alessandra Cioccarelli
Forse è la cena più famosa del mondo, eppure ne sappiamo ancora poco. Gerusalemme: l’Ultima cena, in arrivo in libreria per Ananke da metà maggio, potrebbe però toglierci più di una curiosità. A un anno di distanza dal viaggio in Palestina si è conclusa, infatti, la ricerca storico-archeologica, condotta da Generoso Urciuoli e Marta Berogno - entrambi archeologici torinesi e specialisti in cibo antico - sul menu dell’Ultima cena. Un lavoro che utilizza il filtro del cibo per indagare uno degli avvenimenti chiave per la cultura occidentale e non solo, presumibilmente accaduto all’inizio del I secolo d.C.
Di grande rilievo per ricostruire la tavolozza alimentare della Palestina dell’epoca è stato lo studio di alcuni dei banchetti più significativi citati nel Nuovo Testamento: «Il popolo di Israele – spiegano Urciuoli e Berogno – ha un legame molto forte con il cibo, che assume una valenza spirituale e culturale fondamentale; con il banchetto delle nozze di Cana abbiamo fatto luce sulle tradizioni alimentari e sulle numerose regole (kasherut), che rappresentano il fondamento della pratica religiosa, mentre con il banchetto di Erode abbiamo analizzato quali potevano essere le influenze, soprattutto romane, di una cucina internazionale presente a Gerusalemme».
Cosa si mangiò dunque a quel fatidico banchetto? Secondo gli archeologici, tenendo presente il filtro del filogicamente accettabile, è molto probabile che sulla tavola dell’Ultima cena fossero presenti alimenti tipici della Galilea e specialmente di Cafarnao: pesce san Pietro insaporito con aromi e timo, lo cholentdi legumi (tradizionale stufato per le festività), erbe amare, schiacciata di fichi e tzir, ossia una variante locale del garum (salsa di pesce della cucina romana). Immancabili poi pane azzimo e vino aromatizzato, comuni a tutti i banchetti.
Quanto all’ambientazione, il libro – in seguito a una scrupolosa ricerca iconografica delle raffigurazioni realizzate in Oriente e Occidente dal III secolo d.C. in avanti – si distacca dal modello del cenacolo vinciano e rappresentazioni successive. «Attraverso i dipinti – raccontano Urciuoli e Berogno - siamo abituati a vedere Gesù e gli apostoli seduti dietro a un tavolo, ma i Greci e i Romani erano soliti mangiare semisdraiati e adagiati, come gli abitanti della Palestina all’epoca di Gesù. Non c’erano triclini in tutte le case, ma ovunque tappeti e cuscini con una serie di tavolini bassi, dove veniva appoggiato il cibo».
Queste e molte altre le affascinanti questioni affrontate nel volume Gerusalemme: Ultima cena. Presente anche un’accurata appendice di ricette, relative al periodo storico preso in esame.
Gerusalemme: l’Ultima cena
di Generoso Urciuoli e Marta Berogno
Ananke Edizioni
16,50 euro – 204 pag
di Alessandra Cioccarelli