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Intervista a Salvatore Perrone

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Al BonTà di Cremona, celebre fiera delle eccellenze enogastronomiche italiane, Saporie.com ha incontrato per voi Salvatore Perrone, il noto chef del ristorante Benita di Cogoleto. Scoprite cosa ci ha raccontato...

Lunedì 11 novembre, nell'ambito della 10° edizione del salone enogastronomico il BonTà di Cremona, è stato assegnato il premio "Il Talento Italiano nel Mondo" ai trenta migliori ristoranti italiani, certificati da Ospitalità Italiana e selezionati dal Touring del Gusto. In questa occasione abbiamo incontrato Salvatore Perrone, rinomato chef del ristorante Benita di Cogoleto (Ge), che partecipa per il secondo anno consecutivo al Bontà, questa volta sia in veste di concorrente che di membro della giuria.

Dove nasce la tua passione per la cucina?

La mia famiglia aveva un ristorante, io sono cresciuto in mezzo ai tavoli, a 10 anni giravo già con i vassoi in mano. Mia madre mi diceva di studiare, io invece mi sono sempre dedicato al lavoro e ho continuato questa strada come autodidatta. Ad ogni modo, oggi consiglio a mio figlio di fare l'alberghiero, perchè, grazie ai numerosi stage ed esperienze formative, permette di arrivare in età più giovane più a certi traguardi e di ampliare le proprie conoscenze in minor tempo.

Che tipo di cucina proponi nel tuo ristorante? Quali sono i piatti più richiesti dai tuoi clienti?

Al Benita proponiamo una cucina abbastanza innovativa, che rivisita in modo creativo i piatti della tradizione. Di frequente variamo il menu, per offrire ai nostri ospiti sempre proposte nuove. La maggior parte dei clienti, soprattutto quelli piemontesi, ricerca però anche i piatti di pesce più classici, come gli intramontabili spaghetti alle vongole o i tagliolini ai frutti di mare.

Il tuo cavallo di battaglia?

Ultimamente le tagliatelle al caffè con vongole e lime candito, oppure un piatto più vecchio come nascita, i ravioli al cacao ripieni di pesce, serviti con una vellutata di gamberi e una polvere di capperi.

Quanto risentono della crisi i consumi?

Molto, però andiamo avanti. C'è un'indubbia diminuzione dei clienti, chi prima andava in un locale di fascia medio-alta, ora tende magari a spostarsi su ristoranti più economici. I clienti che vengono al Benita, pero, magari escono di meno, ma quando escono ordinano un buon numero di portate.

Com'è iniziata la tua avventura con la U.I.R. (Unione Italiana Ristoratori)?

Due anni fa per caso, quando abbiamo rilevato il locale, abbiamo trovato delle piastrelle con scritto U.I.R. e ancora non sapevamo cosa fosse. In seguito mi sono documentato su internet e ho scoperto l'esistenza di questa associazione. Un giorno quando ero fuori per un evento e mia moglie era rimasta invece al locale, è passato al Benita un signore che le ha raccontato la storia e il lavoro svolto dall'Unione Italiana Ristoratori, associazione a cui mi sono poi iscritto. Da lì ho scoperto Chef for events, ho conosciuto Savino Vurchio ed è nata una preziosa collaborazione.

A tuo parere, quali sono i punti di forza della U.I.R?

Il gruppo senz'altro, perchè è un'associazione molto unita, è una bella squadra. Molto importante è il ruolo di chi dirige, Savino Vurchio appunto, che è capace di amalgamare realtà di ristorazione anche eterogenee e a creare un bel sistema unitario.

di Alessandra Cioccarelli

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