Forum Food & Made in Italy: il viaggio del Sole 24 Ore nell'impresa del gusto
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Presso la sede milanese del Sole 24 Ore si è tenuto ieri Forum Food e Made in Italy, il primo di una serie di appuntamenti verso l'Expo 2015 sui temi del food, dell'impresa alimentare del made in Italy e le nuove tendenze di consumo
Presso la sede milanese del Sole 24 Ore, in via Monte Rosa 91, si è tenuto ieri Forum Food e Made in Italy, il primo di una serie di appuntamenti verso l'Expo 2015 sui temi del food, dell'impresa alimentare del made in Italy e le nuove tendenze di consumo. Obiettivo della conferenza fare il punto sulla situazione del settore agroalimentare nell'attuale contesto economico e individuare strategie efficaci e mirate per una maggiore competitività del nostro sistema paese nel mercato globale.
A moderare l'incontro, che ha visto la partecipazione dei più importanti protagonisti del mondo del food & beverage, Fernanda Roggero, caporedattore e food &wine editor de il Sole 24 Ore, il Gastronauta Davide Paolini e Nicoletta Carbone, giornalista Radio 24. Paolo Gibello, partner di Deloitte, alla luce delle dimensione medio-ridotte delle imprese italiane (di natura per lo più familiare), ha illustrato le seguenti 5 regole d'oro per affrontare al meglio, con scelte lungimiranti, i tempi di crisi: affiancare tradizione e innovazione per evitare il rischio di arretratezza e paralisi; gestire con razionalità il delicato passaggio generazionale e delle trasformazioni organizzative; valorizzare il made in Italy all'estero con aggregazione di sistema; offrire prodotti qualificati senza dimenticare l'ampliamento di gamma; cercare nuove forme di finanziamento e sfruttare meglio quelle già esistenti.
Andrea Illy, Presidente Fondazione Altogamma, e Oscar Farinetti, Fondatore Eataly, concordano invece sulla necessità di creare un marchio unico e immediatamente comprensibile, che rappresenti il made in Italy e sciolga o vada comunque a unificare le troppo criptiche (soprattutto per gli stranieri) e numerose sigle italiane: Igp, Dop, Doc... Di diverso avviso è Lisa Ferrarini, Presidente Comitato Tecnico Confindustria per la tutela del Made in e della lotta contraffazione, che ritiene un errore eliminare queste etichette, perchè ormai affermate e invidiate in tutto il mondo e garanzia di alta qualità. Ferrarini, come l'avvocato Paolo Marzano e il Presidente Consorzio del Prosciutto San Daniele Vladimir Dukceviche, ribadisce piuttosto l'importanza di far fronte comune nella lotta alla contraffazione che danneggia ogni anno l'economia del nostro Paese, penalizzando gravemente l'esportazione dei prodotti italiani.
Di grande interesse anche l'intervento di Emidio Mansi, Direttore Commerciale Pastificio Garofalo, che racconta le grandi potenzialità del digitale per promuovere il made in Italy all'estero e comunicare non solo la qualità dei nostri prodotti, ma soprattutto la ricca cultura alimentare italiana, vera carta vincente del paese. A parlarci del mercato biologioco, sempre in un'ottica di valorizzazione e internalizzazione dell'enogastronomia italiana, presenti invece Paolo Carnemolla, (Presidente FederBio), Gianni Cavinato (Presidente ICEA), Paolo Pari (Direttore Marketing Almaverde BIO) e Dino Poggio (Amministratore Delegato Ki Group) a ricordarci il lampante paradosso di questo settore: l'Italia è il più grande produttore ed esportatore di biologico, ma il consumo nazionale è decisamente inferiore all'estero. Questo per via di una scarsa reperibilità dell'organic negli scaffali della GDO, di un'insufficiente concorrenza che comporta costi piuttosto elevati, ma anche di una carente cultura nazionale. Tuttavia Dino Poggio segnala un cambio di tendenza, negli ultimi tempi, da parte del consumatore che, se inzialmente vedeva nel biologico una moda passeggera, lo considera ora come uno stile di vita, salutare e sostenibile.
Fare sistema, cercare modelli distribuitivi e comunicativi più moderni e funzionali, combattere l'italian sounding con il sostegno delle istituzioni, tutelare e valorizzare la biodiversità italiana: questi risultano essere gli strumenti necessari per far fronte alla crisi e rispondere alle richieste dei consumatori sempre più attenti alla qualità e selettive nelle proprie scelte. Il settore agroalimentare, infatti, se ben coltivato, si dimostra un terreno più che fertile su cui far leva per tornare a crescere.
di Alessandra Cioccarelli
Presso la sede milanese del Sole 24 Ore, in via Monte Rosa 91, si è tenuto ieri Forum Food e Made in Italy, il primo di una serie di appuntamenti verso l'Expo 2015 sui temi del food, dell'impresa alimentare del made in Italy e le nuove tendenze di consumo. Obiettivo della conferenza fare il punto sulla situazione del settore agroalimentare nell'attuale contesto economico e individuare strategie efficaci e mirate per una maggiore competitività del nostro sistema paese nel mercato globale.
A moderare l'incontro, che ha visto la partecipazione dei più importanti protagonisti del mondo del food & beverage, Fernanda Roggero, caporedattore e food &wine editor de il Sole 24 Ore, il Gastronauta Davide Paolini e Nicoletta Carbone, giornalista Radio 24. Paolo Gibello, partner di Deloitte, alla luce delle dimensione medio-ridotte delle imprese italiane (di natura per lo più familiare), ha illustrato le seguenti 5 regole d'oro per affrontare al meglio, con scelte lungimiranti, i tempi di crisi: affiancare tradizione e innovazione per evitare il rischio di arretratezza e paralisi; gestire con razionalità il delicato passaggio generazionale e delle trasformazioni organizzative; valorizzare il made in Italy all'estero con aggregazione di sistema; offrire prodotti qualificati senza dimenticare l'ampliamento di gamma; cercare nuove forme di finanziamento e sfruttare meglio quelle già esistenti.
Andrea Illy, Presidente Fondazione Altogamma, e Oscar Farinetti, Fondatore Eataly, concordano invece sulla necessità di creare un marchio unico e immediatamente comprensibile, che rappresenti il made in Italy e sciolga o vada comunque a unificare le troppo criptiche (soprattutto per gli stranieri) e numerose sigle italiane: Igp, Dop, Doc... Di diverso avviso è Lisa Ferrarini, Presidente Comitato Tecnico Confindustria per la tutela del Made in e della lotta contraffazione, che ritiene un errore eliminare queste etichette, perchè ormai affermate e invidiate in tutto il mondo e garanzia di alta qualità. Ferrarini, come l'avvocato Paolo Marzano e il Presidente Consorzio del Prosciutto San Daniele Vladimir Dukceviche, ribadisce piuttosto l'importanza di far fronte comune nella lotta alla contraffazione che danneggia ogni anno l'economia del nostro Paese, penalizzando gravemente l'esportazione dei prodotti italiani.
Di grande interesse anche l'intervento di Emidio Mansi, Direttore Commerciale Pastificio Garofalo, che racconta le grandi potenzialità del digitale per promuovere il made in Italy all'estero e comunicare non solo la qualità dei nostri prodotti, ma soprattutto la ricca cultura alimentare italiana, vera carta vincente del paese. A parlarci del mercato biologioco, sempre in un'ottica di valorizzazione e internalizzazione dell'enogastronomia italiana, presenti invece Paolo Carnemolla, (Presidente FederBio), Gianni Cavinato (Presidente ICEA), Paolo Pari (Direttore Marketing Almaverde BIO) e Dino Poggio (Amministratore Delegato Ki Group) a ricordarci il lampante paradosso di questo settore: l'Italia è il più grande produttore ed esportatore di biologico, ma il consumo nazionale è decisamente inferiore all'estero. Questo per via di una scarsa reperibilità dell'organic negli scaffali della GDO, di un'insufficiente concorrenza che comporta costi piuttosto elevati, ma anche di una carente cultura nazionale. Tuttavia Dino Poggio segnala un cambio di tendenza, negli ultimi tempi, da parte del consumatore che, se inzialmente vedeva nel biologico una moda passeggera, lo considera ora come uno stile di vita, salutare e sostenibile.
Fare sistema, cercare modelli distribuitivi e comunicativi più moderni e funzionali, combattere l'italian sounding con il sostegno delle istituzioni, tutelare e valorizzare la biodiversità italiana: questi risultano essere gli strumenti necessari per far fronte alla crisi e rispondere alle richieste dei consumatori sempre più attenti alla qualità e selettive nelle proprie scelte. Il settore agroalimentare, infatti, se ben coltivato, si dimostra un terreno più che fertile su cui far leva per tornare a crescere.
di Alessandra Cioccarelli