Comunicare si o no? Se ne è discusso al Boroli Wine Forum
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Alla Locanda del Pilone di Alba un incontro dedicato ai comunicatori del vino per capire in che direzione si stia andando. Come si comunica oggi? Con quali obiettivi? Con quale impegno economico?
Quanto pesa l’investimento in comunicazione sul fatturato delle aziende vitivinicole? In Italia ancora poco e, se non fossimo di parte, diremmo davvero troppo poco: meno dello 0,1% per il produttore piemontese Roberto Voerzio, il 5% per Castello Banfi e il 7% per Tenuta dell’Ornellaia. È emerso questo lo scorso venerdì 6 marzo durante il Boroli Wine Forum, l’incontro riservato ai professionisti del settore e voluto dalla famiglia Boroli alla Locanda del Pilone di Alba.
Moderatore dell’incontro annuale che si svolge dal 2009 e che ha l’obiettivo di fare il punto della situazione sui temi legati al mondo del vino, Franz Botré, editore della rivista Spirito diVino. Gli ospiti invece, erano due stranieri, Margareth Henriquez Ceo di Champagne Krug e il californiano Larry Turley, proprietario di 50 ettari in California e quattro italiani: Roberto Voerzio, Pio Boffa della Pio Cesare, Enrico Viglierchio general manager di Castello Banfi e Giovanni Geddes da Filicaja, Ceo di Tenuta dell’Ornellaia.
Ebbene, il centinaio di partecipanti al forum, tra giornalisti e addetti della comunicazione di settore, si è trovato di fronte a una realtà scissa e, per noi che della comunicazione abbiamo fatto il nostro mestiere, profondamente inquietante. «Il vino e il territorio dove nasce si comunicano da soli, basta percorrere a piedi queste colline di Langa», ha detto Pio Boffa sostenuto a sua volta dalle parole di Roberto Voerzio: «La mia prima comunicazione è la bottiglia. Ho aperto un sito internet lo scorso anno perché mio figlio ci teneva». Certo, che il vino fosse un ottimo comunicatore di sé stesso è implicito. Ma davvero non serve fare altro per far sì che le bottiglie italiane viaggino nel mondo? Per i due produttori piemontesi sembrerebbe di no dato che la loro produzione è già esaurita ancora prima di andare sul mercato. Di parere diverso, invece Enrico Viglierchio: «Il web e le nuove tecnologie sono strumenti indispensabili per portare on line un intero mondo che è ancora off line. Internet ci consente di far crescere la nostra popolarità, fidelizzare i clienti e coinvolgere il consumatore in un’esperienza plurisensoriale». Anche per Ornellaia, il vino e la sua comunicazione devono cominciare suscitando emozioni e, proprio per questo, la nota cantina toscana si è inventata Vendemmia d’Artista, una modalità che unendo l’arte al vino aiuta a comprendere meglio le differenze tra un’annata e l’altra del vino.
Virtuose si sono rivelate le esperienze di Krug e Turley. «Il consumatore di oggi va dritto al cuore; cerca verità, storie e passioni», ha precisato Margareth Henriquez, dopo aver aggiunto che in Krug la percentuale di fatturato investita nella comunicazione è del 20%, continuando: «Nessun grande prodotto, neppure il migliore al mondo, ha un futuro senza una buona strategia di comunicazione». Della stessa idea Larry Turley per il quale ogni vino ha una storia che deve essere raccontata con competenza e professionalità.
Comunicare o no dunque? Questo sembrerebbe essere il dilemma più grande davanti al quale ci troviamo. Se c’è, se ci sarà, il lavoro da fare in questa direzione sarà ancora molto, insomma.
Ben per i comunicatori del vino, forse!
di Elena Caccia
Quanto pesa l’investimento in comunicazione sul fatturato delle aziende vitivinicole? In Italia ancora poco e, se non fossimo di parte, diremmo davvero troppo poco: meno dello 0,1% per il produttore piemontese Roberto Voerzio, il 5% per Castello Banfi e il 7% per Tenuta dell’Ornellaia. È emerso questo lo scorso venerdì 6 marzo durante il Boroli Wine Forum, l’incontro riservato ai professionisti del settore e voluto dalla famiglia Boroli alla Locanda del Pilone di Alba.
Moderatore dell’incontro annuale che si svolge dal 2009 e che ha l’obiettivo di fare il punto della situazione sui temi legati al mondo del vino, Franz Botré, editore della rivista Spirito diVino. Gli ospiti invece, erano due stranieri, Margareth Henriquez Ceo di Champagne Krug e il californiano Larry Turley, proprietario di 50 ettari in California e quattro italiani: Roberto Voerzio, Pio Boffa della Pio Cesare, Enrico Viglierchio general manager di Castello Banfi e Giovanni Geddes da Filicaja, Ceo di Tenuta dell’Ornellaia.
Ebbene, il centinaio di partecipanti al forum, tra giornalisti e addetti della comunicazione di settore, si è trovato di fronte a una realtà scissa e, per noi che della comunicazione abbiamo fatto il nostro mestiere, profondamente inquietante. «Il vino e il territorio dove nasce si comunicano da soli, basta percorrere a piedi queste colline di Langa», ha detto Pio Boffa sostenuto a sua volta dalle parole di Roberto Voerzio: «La mia prima comunicazione è la bottiglia. Ho aperto un sito internet lo scorso anno perché mio figlio ci teneva». Certo, che il vino fosse un ottimo comunicatore di sé stesso è implicito. Ma davvero non serve fare altro per far sì che le bottiglie italiane viaggino nel mondo? Per i due produttori piemontesi sembrerebbe di no dato che la loro produzione è già esaurita ancora prima di andare sul mercato. Di parere diverso, invece Enrico Viglierchio: «Il web e le nuove tecnologie sono strumenti indispensabili per portare on line un intero mondo che è ancora off line. Internet ci consente di far crescere la nostra popolarità, fidelizzare i clienti e coinvolgere il consumatore in un’esperienza plurisensoriale». Anche per Ornellaia, il vino e la sua comunicazione devono cominciare suscitando emozioni e, proprio per questo, la nota cantina toscana si è inventata Vendemmia d’Artista, una modalità che unendo l’arte al vino aiuta a comprendere meglio le differenze tra un’annata e l’altra del vino.
Virtuose si sono rivelate le esperienze di Krug e Turley. «Il consumatore di oggi va dritto al cuore; cerca verità, storie e passioni», ha precisato Margareth Henriquez, dopo aver aggiunto che in Krug la percentuale di fatturato investita nella comunicazione è del 20%, continuando: «Nessun grande prodotto, neppure il migliore al mondo, ha un futuro senza una buona strategia di comunicazione». Della stessa idea Larry Turley per il quale ogni vino ha una storia che deve essere raccontata con competenza e professionalità.
Comunicare o no dunque? Questo sembrerebbe essere il dilemma più grande davanti al quale ci troviamo. Se c’è, se ci sarà, il lavoro da fare in questa direzione sarà ancora molto, insomma.
Ben per i comunicatori del vino, forse!
di Elena Caccia