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Colazione dal mondo. Ohayo Giappone!

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Ordine in tavola e, tra i cibi scelti, sempre solo salato. Sono queste le regole della colazione giapponese che si consuma accoccolati su un cuscino appoggiati sul tatami. Un’idea da riproporre anche a casa, magari nel finesettimana
 

Sapore, bellezza e semplicità, questi i tre elementi fondamentali dell’asa gohan, dove asa significa mattino e gohan pasto. La prima colazione nipponica, per tradizione, saluta il giorno con una tavola imbandita di soli cibi salati. Come il resto dei pasti quotidiani, è un momento strettamente legato alle stagioni, al mare e a una sobria eleganza. Sin dal mattino, infatti, la millenaria gastronomia giapponese vuole che gli alimenti mantengano la naturalezza, il colore e la consistenza originaria; caratteristiche valorizzate dall’armonia cromatica delle ciotole e dei piatti posti su tipici tavolini di legno laccato. La colazione costituisce per i giapponesi un momento fondamentale della giornata e per questo è molto ricca di pietanze diverse.

Per gustare la più tradizionale delle colazioni giapponesi, bisogna soggiornare nelle cosiddette ryokan, abitazioni nipponiche tipiche. Qui la colazione viene considerata un vero e proprio rito. I commensali, seduti a gambe incrociate su un cuscino appoggiato sul tatami, hanno davanti il cibo, mai in quantità eccessiva. Le porzioni sono individuali e collocate in modo ben preciso: il riso bollito e fumante, rigorosamente senza sale, è adagiato in ciotole di ceramica poste a sinistra di chi mangia, mentre il misoshiru, la zuppa mattutina a base di miso (pasta di soia fermentata), va nell’angolo destro in graziose coppette, meglio se rosse, le più raffinate. Non mancano ovviamente i bastoncini di legno, gli ohashi, sistemati in linea davanti al commensale e appoggiati elegantemente a un sostegno.

Gli altri piatti sono posizionati nelle parti vuote del tavolo, negli angoli o in mezzo, e contengono tofu, verdure in salamoiasottaceti (tsukemono), tra cui la tradizionale prugna sottoaceto chiamata umeboshi. Immancabili anche il pesce grigliato o affumicato, molluschi bolliti in salsa di soia e zucchero, alga wakame e natto, prodotto dalla fermentazione dei fagioli di soia. Quest'ultimo viene considerato lo yogurt giapponese, pur avendo una consistenza e un sapore completamente diverso da quello che noi occidentali consideriamo yogurt. Immancabile è anche una crema di uova al vapore accompagnata da funghi e verdure di stagione o in alternativa un tamagoyaki, omelette giapponese che può essere dolce o salata, ripiena o vuota. Prima di iniziare a mangiare si usa dire itadakimasu (cioè “ricevo” il cibo), quindi si parte dal riso (a volte colorato da un uovo sbattuto mescolato alla salsa di soia), si prosegue con la zuppa, sorseggiata direttamente dalla ciotola, e infine si gusta in sequenza e a piccoli bocconi tutto il resto. Per chi soggiornasse in un tempio giapponese non resta che provare la colazione della cucina Shojin Ryori, cucina vegana dei monaci buddhisti. Viene considerata un'arte culinaria spirituale in grado di purificare il corpo. In quanto vegana prevede l'utilizzo di tante verdure selvatiche raccolte sulle montagne. Si tratta di una cucina agli antipodi dei gusti occidentali sia per sapori che per consistenze. Ogni pietanza è posta in ciotole e piattini separati affinché i sapori non si mescolino. L'esperienza di questi cibi è per i più coraggiosi e curiosi, si tratta sicuramente di un pasto che stupisce.

Onnipresente la teiera per l’O-cha, il tè giapponese, solitamente di colore verde, sorbito senza l’aggiunta di altro, forse l’unico elemento che rende un po’ più familiare questa colazione per noi assai insolita. Ai buongustai più curiosi, dotati di spirito d’avventura culinario, l’arduo compito di provarla nella versione originale, mentre i meno temerari potranno iniziare in modo più soft con una variazione italiana sul tema del tofu.
 
 di Clara Ippolito e Giorgia Vassalli

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