Nel bellissimo scenario del lago di Como, da secoli si ripete una tradizione dove protagonisti sono uomo e natura, in un appuntamento di pesca attraente schiere di pescatori dall’hinterland del lago e non solo.
SCHEDA PRODOTTO
Due le priorità da queste parti: le massime valorizzazioni del territorio e del prodotto locale in cui si vede protagonista indiscusso l’agone, un pesce d’acqua dolce appartenente alla famiglia delle clupeidi chiamato comunemente sarda di lago.
Popola in particolar modo il lago di Como, dove la sua pesca è documentata e regolamentata sin dal medioevo.
La pesca amatoriale, si fa con delle canne da pesca e delle esche finte dai colori sgargianti, chiamate comunemente mosche. Vengono lanciate in acqua e ritirate velocemente facendole scorrere sulla superficie dell’acqua in modo da attrarre la curiosità del pesce.
Andando sul lungolago, è impossibile non imbattersi nella visione di cavalletti (strutture in legno protratte nel lago) che permettono ai pescatori di andare più lontano dalla riva con le loro esche. Anche la pesca al quadrato è molto diffusa, consiste in una rete a maglia stretta, dalla forma quadrata e attaccata a una canna.
Il pescatore setaccia l’acqua ripetutamente e, in una sola setacciata può arrivare a sollevare delle quantità di pesce importanti, fino a 5 kg. In passato, era diffusa anche la pesca con un attrezzo chiamato in dialetto lecchese sibiel, un guadino d’acciaio per setacciare l’acqua, oggi bandito poiché non rispetta i canoni della pesca ecosostenibile.
Ippolito Salviani, considerato uno dei padri dell’ittiologia, già nel XV secolo pubblicava un libro intitolato “I pesci del Lario con il modo di cucinarli”. Spiegava i vari modi di valorizzare al meglio l’agone, rappresentante all’epoca, buona parte della sussistenza alimentare delle zone limitrofe al lago.
Salviani iniziava così il suo libro:
“Gli agoni appena pescati si cuociono in vari modi, fritti in padella con olio di ottima qualità, i più piccoli (chiamati antesiti) spruzzati con succo di agrumi. Quelli più grossi (chiamati da rozzòli perchè pescati con una rete chiamata rozzòlo) invece aspersi con mosto cotto, aceto, vino e spezie. In alternativa era sovente usare il sugo di uva acerba con l’aggiunta di un uovo”.
Proprio grazie a questo libro, annoverante molte ricette medievali, che l’agone può considerarsi il pesce con le radici più antiche dal punto di vista gastronomico.
Trasformazione agone in missoltino
La lavorazione del pescato inizia con la rimozione delle interiora. Si procede incidendo con il dito sotto la branchia dell’agone. Dopodiché si schiaccia partendo dalla parte posteriore e lasciando scivolare la mano lungo lo stomaco del pesce, in modo tale da far venire fuori le interiora e lasciare il pesce integro.
Poi bisogna salare i pesci per asciugarli dai liquidi in eccesso. La salatura è un punto critico per il risultato. Nello specifico, la quantità di sale, sarà decisiva per la qualità del prodotto finale.Per la salatura si procede mettendo circa 50 g di sale per ogni kg di pesce in un recipiente, dove i filetti rimarranno 24/36 ore e saranno girati più volte durante questa salamoiatura.
Una volta passate le 36 ore, i pesci vanno sciacquati sotto acqua corrente, e, dopo aver schiacciato la testa per evitare la presenza di eventuali sacche d’aria, vanno appesi in telai appositamente costruiti.
In passato, questo procedimento veniva fatto all’aria aperta e sotto la luce del sole. Oggi invece, per scongiurare imprevisti dettati dal meteo, e per velocizzare i tempi di lavorazione, viene utilizzato una sorta di forno che mantiene temperatura e umidità costanti.
Dalla fase di essiccatura, i pesci passano poi alla missolta (una caratteristica latta cilindrica da cui ne deriva il nome del prodotto finale), qui sta per circa 12 settimane rigorosamente disposti a pancia in su e alternati a foglie di alloro.
Poi si mettono sotto pressione tramite una pressa (o torchio). Perderanno qui la maggior parte del loro peso, facendo affiorare una sorta di olio che dovrà essere sistematicamente rimosso, evitando così il deterioramento del pesce.
Dal periodo di pesca al risultato finale passano circa 4 mesi. Di attendere 4 mesi per un risultato così delizioso e particolare, ne vale sicuramente la pena. Il missoltino è il risultato di questa lavorazione millenaria, un risultato dal gusto deciso e con grandi valori nutrizionali.
La ricetta più semplice e amata è il tradizionalissimo misultit con polenta, un evergreen che anche Ippollito Salviani mensionava nel suo libro. Rappresenta benissimo la cucina lariana con la sua semplicità: pesce essiccato e grigliato, polenta cremosa e un tocco di aceto per smorzare il gusto deciso del missoltino. Piatto antico e dalle alte proprietà nutrizionali, è sparito per oltre mezzo secolo dall'ambito della ristorazioone. Invece oggi è diventato piatto gourmet, reperibile facilmente nelle osterie tipiche dove si cerca sempre di valorizzare il prodotto locale.
La base di partenza è ovviamente il missoltino e si procederà nel seguente modo:
Lavare il missoltino con acqua e aceto per eliminare quanto più sale possibile.
Preparare la polenta, rigorosamente con il latte, e lasciarla riposare su una teglia tenendo un’altezza media di circa 1 cm
Mettere sulla griglia il missoltino e la polenta tagliata a tocchetti cuocere entrambi per circa 2 minuti per lato
Impiattare gli ingredienti e condire il missoltino con aceto, olio e prezzemolo