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I cibi più antichi al mondo: 5 alimenti che non conoscevi

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Dalla manna, citata nella Bibbia, al grano monococco, che risale a oltre 23mila anni fa, fino al grano saragolla che nutriva i faraoni nell’antico Egitto. Sono alcuni dei cibi più antichi del mondo, antenati del made in Italy, che hanno nutrito la popolazione itaiiana lungo i secoli, e che rischiavano di scomparire. Sono stati recuperati grazie al lavoro dei contadini, ma anche a iniziative locali.

Dalla manna, citata nella Bibbia, al grano monococco, che risale a oltre 23mila anni fa, fino al grano saragolla che nutriva i faraoni nell’antico Egitto. Sono alcuni dei cibi più antichi del mondo, antenati del made in Italy, che hanno nutrito la popolazione itaiiana lungo i secoli, e che rischiavano di scomparire. Sono stati recuperati grazie al lavoro dei contadini, ma anche a iniziative locali.

La manna

Il più noto tra tutti è forse la manna che deve la sua fama all’episodio riportato nella Bibbia, quando gli ebrei affamati, guidati da Mosè nel deserto del Sinai, ricevono da Dio questi fiocchi bianchi e dolci al gusto di miele. 
La manna è uno straordinario dolcificante naturale che si ottiene dalla solidificazione della linfa che fuoriesce, durante la stagione estiva, dalle incisioni praticate sul fusto di una rara specie di frassino (del genere Fraxinus L) coltivata solo in ristrette superfici del comprensorio del Parco delle Madonie, incontaminato polmone verde a circa 90 chilometri da Palermo.
Un vero e proprio unicum a livello mondiale.
Per raccoglierla, i mannaroli inseriscono sotto l’incisione una piccola lamina d’acciaio a cui viene legato un filo di nailon lungo il quale, nei giorni successivi, la manna gocciola formando piccole stalattiti, i cosiddetti ‘cannoli’ che, del tutto privi di impurità, sono molto pregiati sul mercato.
In pasticceria, la manna può essere utilizzata per la preparazione di dolci, torte e biscotti. Con il suo potere dolcificante naturale, permette di ridurre o sostituire del tutto gli altri zuccheri aggiunti, come viene sempre più spesso raccomandato dalle direttive alimentari.

Il grano monococco

Oltre 23mila anni fa gli uomini si nutrivano con il grano monococco, la specie geneticamente più semplice ed antica di grano. La coltivazione di questo cereale è scomparsa alla fine dell’età del Bronzo, ma in Lombardia alcuni agricoltori l’hanno recuperata, valorizzando le sue caratteristiche dietetico nutrizionali. E’ a basso tenore di glutine, assomiglia al farro, e si usa come ingrediente nelle zuppe. Dalla classica zuppa di farro toscana, ma anche in insalate o come sostituto per la pasta di tutti i giorni.

L’idromele

Nell’antichità era conosciuta come «bevanda degli dei» e il poeta Omero la chiamava ambrosia. È l’idromele che, secondo alcuni, è la bevanda fermentata più antica al mondo, più della birra. Dal suo nome deriva anche il termine “luna di miele”, perché alle coppie appena sposate si regalava idromele sufficiente per la durata di una luna, un periodo di circa un mese. Oltre che come bevanda, l’idromele può essere utilizzato anche come ingrediente nella preparazione di dolci, ad esempio aggiunto all’impasto per la preparazione di una torta di mele o di biscotti secchi.

Il fagiolo di Cortereggio

Tra i cibi diffusi nell’antichità ce n’è uno prezioso come una moneta, il fagiolo piemontese di Cortereggio, utilizzato in passato come bene di scambio per acquistare l’uva del Monferrato e oggi recuperato da un contadino che, negli anni Ottanta ha portato qualche chilo di questi fagioli all’Università di Torino, per conservarne il germoplasma. Simili ma non così antichi sono i fagioli bianchi di Badalucco, i confetti liguri arrivati in Italia dalla Spagna.

Il fagiolo di Brebbia

E’ diventato presidio Slow Food anche il fagiolo di Brebbia, Il fagiolo dell'occhio appartiene alla specie Vigna Sinensis del genere Phaseolus delle Leguminose Papilionate,. E’ l'unico fagiolo autoctono del Vecchio Mondo, essendo originario dell'Africa e dell'Asia.
Consumato fin dall'antichità, quando era chiamato Phaseolus, deve il nome attuale (fagiolo dell' occhio) a una macchiolina rotonda e scura presente al centro della concavità del legume. Oggi la sua coltivazione è portata avanti vicino al lago Maggiore, nel paese di Brebbia, in provincia di Varese, da un gruppo di volontari che dedicato in beneficenza parte dei ricavati dalla vendita.

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