Cecchi in verticale con il Coevo. La sfida della contemporaneit�
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Nella suggestiva location milanese Mari&có si è tenuta una verticale di Coevo, dedicata alla stampa di settore, che ha visto per la prima volta protagoniste le cinque diverse annate di Coevo finora prodotte: 2006, 2007, 2009, 2010 e in anteprima il 2011. Chiamato a guidare il tasting Alessandro Tomberli dell’Enoteca Pinchiorri di Firenze, tra i più rinomati sommelier d’Italia
Per ogni annata il massimo della qualità. Da questa filosofia nasce il progetto Coevo Cecchi, iniziato nel 2006 per volontà di Andrea e Cesare, quarta generazione alla guida della Cantina di Castellina in Chianti (Siena).
«Quando è morto nostro padre nel 2004 – ha confessato l’amministratore delegato Andrea Cecchi a Saporie.com in occasione della verticale di Coevo presso la fiabesca location milanese Mari&có – sentivamo il bisogno di una svolta. Con il vino Coevo siamo cresciuti in spessore e qualità e abbiamo dato una marcia in più alla nostra azienda, senza tradire la memoria della tradizione». E, in questo senso, si giustifica la scelta di variare nel Coevo l’uvaggio a seconda della vendemmia, ma di conservare sempre la spina dorsale di questo vino: il Sangiovese, ovvero il legame più viscerale che i Cecchi hanno con il proprio territorio.
Ma veniamo alla degustazione a cui abbiamo avuto il piacere di partecipare. Una verticale che ha visto per la prima volta protagoniste le cinque diverse annate di Coevo, finora prodotte: 2006, 2007, 2009, 2010 e in anteprima 2011. Mancano all’appello 2008 e 2012 (la 2015 è una certezza rassicura il nuovo direttore generale Leonardo Raspini) perché «per mantenere uno standard di eccellenza al Coevo – spiega Cesare, presidente Cecchi – abbiamo preferito rinunciare alle annate in cui la vendemmia non è stata ottimale».
Chiamato a guidare il tasting Alessandro Tomberli dell’Enoteca Pinchiorri di Firenze, tra i più rinomati sommelier dell’Italia e meritevole di avere proposto il miglior assemblaggio di Coevo (60% Sangiovese, 20% Cabernet Sauvignon, 7% Petit Verdot, 13% Merlot) durante il “gioco” indetto dall’azienda nel 2010: creare Coevo 2011, per la sua uscita a ottobre 2014. Ad emergere, durante la verticale, tra le peculiarità di Coevo la ricchezza e complessità di un vino, frutto di quattro vitigni – Sangiovese, Cabernet Sauvignon, Merlot e Petit Verdot – coltivati nelle due storiche zone di produzione Cecchi, territori distanti e con diverso tempo peraltro di maturazione: il Chianti Classico e la Maremma. Una vena di freschezza ed eleganza il fil rouge delle annate di Coevo in degustazione a dimostrazione della forte identità di questo vino, pur nella sua capacità di evolversi e restare "contemporaneo" al variare del tempo. Direbbero i romani “Nomen omen”.
di Alessandra Cioccarelli
Per ogni annata il massimo della qualità. Da questa filosofia nasce il progetto Coevo Cecchi, iniziato nel 2006 per volontà di Andrea e Cesare, quarta generazione alla guida della Cantina di Castellina in Chianti (Siena).
«Quando è morto nostro padre nel 2004 – ha confessato l’amministratore delegato Andrea Cecchi a Saporie.com in occasione della verticale di Coevo presso la fiabesca location milanese Mari&có – sentivamo il bisogno di una svolta. Con il vino Coevo siamo cresciuti in spessore e qualità e abbiamo dato una marcia in più alla nostra azienda, senza tradire la memoria della tradizione». E, in questo senso, si giustifica la scelta di variare nel Coevo l’uvaggio a seconda della vendemmia, ma di conservare sempre la spina dorsale di questo vino: il Sangiovese, ovvero il legame più viscerale che i Cecchi hanno con il proprio territorio.
Ma veniamo alla degustazione a cui abbiamo avuto il piacere di partecipare. Una verticale che ha visto per la prima volta protagoniste le cinque diverse annate di Coevo, finora prodotte: 2006, 2007, 2009, 2010 e in anteprima 2011. Mancano all’appello 2008 e 2012 (la 2015 è una certezza rassicura il nuovo direttore generale Leonardo Raspini) perché «per mantenere uno standard di eccellenza al Coevo – spiega Cesare, presidente Cecchi – abbiamo preferito rinunciare alle annate in cui la vendemmia non è stata ottimale».
Chiamato a guidare il tasting Alessandro Tomberli dell’Enoteca Pinchiorri di Firenze, tra i più rinomati sommelier dell’Italia e meritevole di avere proposto il miglior assemblaggio di Coevo (60% Sangiovese, 20% Cabernet Sauvignon, 7% Petit Verdot, 13% Merlot) durante il “gioco” indetto dall’azienda nel 2010: creare Coevo 2011, per la sua uscita a ottobre 2014. Ad emergere, durante la verticale, tra le peculiarità di Coevo la ricchezza e complessità di un vino, frutto di quattro vitigni – Sangiovese, Cabernet Sauvignon, Merlot e Petit Verdot – coltivati nelle due storiche zone di produzione Cecchi, territori distanti e con diverso tempo peraltro di maturazione: il Chianti Classico e la Maremma. Una vena di freschezza ed eleganza il fil rouge delle annate di Coevo in degustazione a dimostrazione della forte identità di questo vino, pur nella sua capacità di evolversi e restare "contemporaneo" al variare del tempo. Direbbero i romani “Nomen omen”.
di Alessandra Cioccarelli