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Dalle posate alle dita: la rivoluzione del finger food

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In principio erano le mani, poi le posate, oggi protagoniste sono ancora le mani. Il finger food, la tendenza culinaria più cool del momento, ha riportato in voga l'importanza del tatto, il senso più primordiale ed emozionale dell'uomo

In principio erano le mani, poi le posate, oggi protagoniste sono ancora le mani. Il finger food, la tendenza culinaria più cool del momento, ha riportato in voga l'importanza del tatto, il senso più primordiale ed emozionale dell'uomo.

Il termine finger food significa letteralmente "cibo da mangiare con le dita" e indica tutti quei cibi, massimamente curati nella presentazione, che si possono gustare senza l'uso delle posate. Ma dove nasce questa tradizione che ha rivoluzionato il panorama gastronomico nazionale e internazionale?

Questo fortunato vocabolo nasce nel febbraio del 2002, quando, nel contesto di Expo-Gast di Salisburgo, fu richiesto alle squadre nazionali che partecipavano alla competizione di realizzare delle creazioni culinarie, collocabili a inizio pasto, che potevano essere gustate in punta di dita. Da questo in momento in poi furono molti gli chef che si dilettarono con passione ed estrosità nell'ideazione di ricette, spuntini, aperitivi che sviluppassero il concetto originario del finger food. In seguito un Comitato Scientifico, sostenuto dalle riviste specializzate Zafferano e L'Arte in Cucina, ha analizzato quanto era stato prodotto, visto, detto e presentato in merito all'argomento, per mettere nero su bianco delle norme precise e codificate sull'offerta gastronomica del finger food. Il tutto allo scopo di fissare delle corrette linee guida per la perfetta preparazione di un finger food e promuovere questa novità culinaria all'interno della realtà ristorativa. Ma quali sono le regole per realizzare un perfetto finger food?

Quando parliamo di finger food, ci riferiamo in primo luogo a un alimento che si presenta in piccole dimensioni e può essere mangiato con l’uso delle sole mani o di minute attrezzature, preferibilmente in un boccone unico. Tuttavia la definizione di finger food non si applica certo a qualsiasi cibo che può essere mangiato con le mani e presentato in ridotte porzioni, ma prevede una particolare articolazione nella struttura compositiva. Gli ingredienti che lo compongono, di norma, vengono accostati secondo un criterio di analogia (diverse gradazioni ad esempio di dolce, amaro, piccante) o di contrasto (dolce/salato; morbido/colorato; freddo/caldo). Fondamentale poi è la dimensione visiva, che deve essere massimamente equilibrata e armoniosa: il finger food è sempre caratterizzato dalla precisione di forme e regolarità nei tagli; la presentazione non può, poi, mai trascurare la cura cromatica degli ingredienti.
 
Il finger food si adatta a qualsiasi formula ristorativa - dal bar di provincia all’american bar, dal ristorante stellato al chiosco -  ma il denominatore comune deve essere l’aspetto appetibile, che invogli a gustarlo con i cinque sensi. Nella categoria dei finger food, quanto meno in origine, non erano contemplati i dolci, dal momento che esiste già l’ampia cultura codificata e autonoma della pasticceria mignon. Nella preparazione del finger food non deve poi mancare naturalmente una grande attenzione per i principi igienico-sanitari, oltre che una relativa facilità di esecuzione, vista la  sua natura di essere gustato in un boccone.

In conclusione ogni finger food che si rispetti deve impiegare materie prime di ottima di qualità, una presentazione estetica attraente e suggestiva e il massimo rispetto per un’alimentazione  salutare ed equilibrata.

di Alessandra Cioccarelli



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