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Chef

Gegè Mangano

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Gegè Mangano simboleggia in pieno la cucina pugliese e in particolare quella del Gargano. Aleggia elegantemete nella suo regno: la cucina del ristorante Li Jalantuùmene, a Monte Sant’Angelo, dove propone piatti fatti di ingredienti del territorio, tradizione e amore per la cucina. Amore che si riversa anche per i vini (locali e non solo) che propone nella sua enoteca Mo...wine.

Gegè, cosa vuol dire fare il cuoco?

Inizia così l'intervista che gli abbiamo fatto. La sua risposta ci ha lasciati spiazzati: inizio col dire che per me fare il cuoco non è un mestiere. O meglio, se da un lato significa sacrificio, contemporaneamente diventa un gioco fatto di stimoli continui, scoperte e sapori nuovi. Perché la cucina è il luogo dove non si finisce mai di imparare, la scoperta continua di nuovi ingredienti diventa un input inesauribile per migliorare, capire ed equilibrare. Il nostro, più che un lavoro, è una missione: conquistare il palato dei clienti è la gratificazione migliore a fine giornata e dall'altra parte il cliente porta a casa il ricordo di un piatto persuasivio con sapori ed equilibri perfetti.

Qual è il tuo ingrediente del cuore?

Da buon pugliese non potrei rispondere altro che l'olio extravergine d'oliva. Sono nato in un territorio pieno di uliveti, dove qualsiasi famiglia produce olio da secoli. Cresciuto a pane, olio e zucchero, certamente senza olio non riuscirei a cucinare e probabilmente non mi sarei affezionato alla cucina stessa.   

E l’ingrediente segreto invece?

Non ho un ingrediente segreto in particolare. Mi piace molto giocare con alcune verdure. Parlo di erbe spontanee e selvatiche con le quali mi piace scherzare con le note agrodolci, alleggerendo così la mia cucina fatta di tradizione. Il marasciullo e la borragine sono solo alcuni esempi di erbe spontanee facilmente reperibili su tutto il territorio del Gargano. 

Quale cucina ti ha conquistato?

Una cucina che mi ha entusiasmato sempre è quella mantovana. In un territorio contadino ricco di prodotti d'eccellenza, riescono a preparare grandi piatti partendo dalle basi rurali di una cucina povera ma ricca di sapori. Del mantovano ammiro molto Nadia Santini, perchè Dal Pescatore a Canneto sull’Oglio sono bravissimi a proporre grandi piatti partendo da una cucina molto semplice. Come sempre, partendo da grandi prodotti, la strada è in discesa.

Cos’è per te la cucina?

La cucina è arte. L'arte è follia. Io mi sono avvicinato alla cucina quasi per scherzo: quando aprendo il ristorante ero alla ricerca di uno chef, mi sono dovuto calare nella parte per preparare piatti più semplici possibili. Sono cresciuto insieme ai clienti, che mi parlavano di cosa e dove avevano mangiato. È da loro che ho imparato tanto e con loro sono cresciuto. Oggi mi ritengo fortunato, perchè grazie alla cucina ho questo spirito istrionico, creativo, fantasioso e un po' folle. In sintesi, per me la cucina è un luogo di crescita.

Che stile deve avere il tuo ristorante?

Pochi posti a sedere e qualche camera accogliente dove il cliente deve essere protagonista. Mi piace moltissimo entrare in empatia con chi viene a mangiare da me: percepisco vibrazioni ed emozioni e da ciò capisco se ho fatto bene. Devo guardare il gliente e imparare dove posso migliorarmi, perchè con umiltà abbiamo tutti bisogno di confrontarci, crescere e migliorare sempre.

Che valore ha la tua terra per te?

Vengo da una terra dove l'arte del buon cibo è radicata in tutti noi e per questo mi ritengo fortunatissimo. La natura ha voluto offrirci il suo massimo: abbiamo i boschi, i laghi, il mare e la montagna. Così tanta varietà da poter spaziare dalla carne al pesce, oltre a molte verdure e funghi. Io, ad esempio, vivendo a Monte Sant’Angelo adoro la cucina di montagna, ma qui le possibilità di combinare ingredienti sono moltissime.

 

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