Assaggi di storia. Lo street food ai tempi dei romani
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Economico, gustoso e modaiolo lo street food affonda le radici in epoche antichissime. Fin dai tempi dei Romani era diffusa infatti, l’usanza di consumare in piedi pasti veloci presso le tipiche locande (cauponae) e osterie (popinae e thermopolia), di cui a Pompei ancora oggi sono visibili alcune vestigia
Economico, gustoso e modaiolo lo street food, il cibo di strada che oggi piace tanto, affonda le radici in epoche antichissime. Fin dai tempi dei Romani era diffusa infatti, l’usanza di consumare in piedi pasti veloci presso le tipiche locande (cauponae) e osterie (popinae e thermopolia), di cui a Pompei ancora oggi sono visibili alcune vestigia. Numerosi erano poi anche i venditori ambulanti che per le strade della Capitale vendevano pane, frittelle, salsicce e svariate cibarie.
«Non più fiaschi appesi ai pilastri... barbiere, bettoliere, friggitore, norcino; nel proprio guscio se ne sta ciascuno. Ora c’è Roma: prima era un casino». Con questo epigramma lapidario il poeta satirico Marziale saluta la ventata di ordine portata dall’editto di Domiziano che regolava l’esposizione delle merci lungo le strade dell’Urbe.
Per lungo tempo, del resto, mangiare seduti a tavola, specialmente nel caso di lauti banchetti, resta un privilegio riservato alle classi sociali più elevate. Nel Medioevo e ancora nell’Età Moderna, le classi popolari urbane, impegnate in faccende quotidiane dall’alba al tramonto, trascorrevano l’intera giornata per strada nutrendosi con cibi di fortuna acquistati da botteghe, bettole e ambulanti vari. Il pasto da seduti avveniva quindi esclusivamente la sera o, per molti, in solo in occasione dei momenti festivi, quando anche i ceti più umili trovavano il tempo per cucinare e mangiare le solitamente modeste vettovaglie.
Anche per le pizze, simbolo per antomasia del cibo di strada, bisogna aspettare la metà del Settecento per incontrare le prime pizzerie arredate con tavolini per la consumazione in loco. Fino al Seicento inoltrato sono, infatti, gli ambulanti a vendere ai passanti le pizze, tenute al caldo grazie all’apposita “stufa di ottone e rame” portata in cima alla testa. Tanti anche i dagherrotipi ottocenteschi che ritraggono gli scugnizzi napoletani intenti a mangiare con le mani “i cibi di strada” acquistati dai maccheronai della città.
Oggi il cibo di strada, più che una necessità, è diventato una scelta di tendenza. Complice la ristorazione nonché le svariate kermesse dedicate, lo street food sta diventando, difatti, uno stile alimentare sempre più sofisticato e gourmet. Resta tuttavia un incredibile veicolo di diffusione culturale, funzionale e smart, da consumare in piedi, certo, ma perché no, anche comodamente seduti.
di Alessandra Cioccarelli
Economico, gustoso e modaiolo lo street food, il cibo di strada che oggi piace tanto, affonda le radici in epoche antichissime. Fin dai tempi dei Romani era diffusa infatti, l’usanza di consumare in piedi pasti veloci presso le tipiche locande (cauponae) e osterie (popinae e thermopolia), di cui a Pompei ancora oggi sono visibili alcune vestigia. Numerosi erano poi anche i venditori ambulanti che per le strade della Capitale vendevano pane, frittelle, salsicce e svariate cibarie.
«Non più fiaschi appesi ai pilastri... barbiere, bettoliere, friggitore, norcino; nel proprio guscio se ne sta ciascuno. Ora c’è Roma: prima era un casino». Con questo epigramma lapidario il poeta satirico Marziale saluta la ventata di ordine portata dall’editto di Domiziano che regolava l’esposizione delle merci lungo le strade dell’Urbe.
Per lungo tempo, del resto, mangiare seduti a tavola, specialmente nel caso di lauti banchetti, resta un privilegio riservato alle classi sociali più elevate. Nel Medioevo e ancora nell’Età Moderna, le classi popolari urbane, impegnate in faccende quotidiane dall’alba al tramonto, trascorrevano l’intera giornata per strada nutrendosi con cibi di fortuna acquistati da botteghe, bettole e ambulanti vari. Il pasto da seduti avveniva quindi esclusivamente la sera o, per molti, in solo in occasione dei momenti festivi, quando anche i ceti più umili trovavano il tempo per cucinare e mangiare le solitamente modeste vettovaglie.
Anche per le pizze, simbolo per antomasia del cibo di strada, bisogna aspettare la metà del Settecento per incontrare le prime pizzerie arredate con tavolini per la consumazione in loco. Fino al Seicento inoltrato sono, infatti, gli ambulanti a vendere ai passanti le pizze, tenute al caldo grazie all’apposita “stufa di ottone e rame” portata in cima alla testa. Tanti anche i dagherrotipi ottocenteschi che ritraggono gli scugnizzi napoletani intenti a mangiare con le mani “i cibi di strada” acquistati dai maccheronai della città.
Oggi il cibo di strada, più che una necessità, è diventato una scelta di tendenza. Complice la ristorazione nonché le svariate kermesse dedicate, lo street food sta diventando, difatti, uno stile alimentare sempre più sofisticato e gourmet. Resta tuttavia un incredibile veicolo di diffusione culturale, funzionale e smart, da consumare in piedi, certo, ma perché no, anche comodamente seduti.
di Alessandra Cioccarelli