Tutta la Sicilia in quattro ingredienti: il gusto salato dei
pistacchi di Sicilia, la dolcezza delle
mandorle, il profumo della
menta, l’aroma dell’
olio extravergine d’oliva. Tutti i nutrienti che servono, da cucinare in quattro passaggi seguendo le indicazioni dello
chef Stefano De Gregorio: le proteine delle
mandorle e le energie del cous cous, i grassi buoni dei
pistacchi, protagonisti della
dieta mediterranea e il buonumore di una
ricetta veg, semplice, veloce, che non ruba tempo ma non sacrifica il gusto. Un viaggio tra Palermo e Ragusa fatto di sapori hyperlocal e gesti antichi.
Come cuocere il cous cous
Il
cous cous,
piatto tipico della cucina nord-africana, è costituito da
semola di grano duro che, lavorata con l’acqua, forma dei piccoli granelli da
cuocere al vapore.
Quali sono le operazioni da solvgere per cuocerlo al meglio? Il cous cous, a differenza della classica pasta che tutti cuciniamo a casa,
non deve essere immerso in acqua bollente e poi scolato. Il prodotto, invece, va messo secco in una ciotola larga e dai bordi alti e
bagnato con dell'acqua bollente che andrà immediatamente a reidratare il cous cous. Tanto per cominciare, bisogna sgranare il cous cous con le mani una volta messo nella ciotola (che deve avere le caratteristiche sopra descritte per permettere ai granelli di restare ben separati) e dopo aggiungere l'acqua bollente. Per evitare che il cous cous resti troppo secco o diventi una pappa perché avete messo troppa acqua, aggiungete, per ogni bicchiere di cous cous, un bicchiere di acqua bollente. Questo basterà anche a lasciarvi dello spazio di manovra in caso voleste aggiungere altra acqua (dato che, in cucina, si aggiunge facilmente, ma raramente si può togliere).
Quando aggiungere il sale al cous cous? Semplicemente, potete salare l'acqua di cottura, oppure aggiungerne dopo, una volta che il cous cous sia cotto. Non si deve, invece, aggiungere sale ai granelli secchi.
E c'è anche un modo per mangiarlo, senza posate, ovviamente. Il Corano, infatti, dispone che il cous cous vada mangiato con le
sole tre dita della mano destra, per distinguersi dal diavolo che mangia con uno, dal Profeta con due e dall'ingordo che ne usa cinque.