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Robiola di Cocconato

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Piacevole a merenda; è una risorsa per colazione, è ugualmente buona nei campi come al tavolo dei signori; piace ai milionari, la cantano i professori, la consigliano i farmacisti per guarire dai mali d'amore. Voi che vivete di porcherie, di acqua tiepida e di pane masticato lasciate perdere le medicine che vi spediscono all'altro mondo: per gli stomachi delicati, per le teste balzane, fate la cura della robiola, della robiola di Cocconato.



SCHEDA PRODOTTO


La robiola di Cocconato, insieme alla robiola d'Alba e alla robiola di Bossolasco, è un formaggio e prodotto tipico del Piemonte.

È piacevole da merenda; è una risorsa per colazione, è ugualmente buona nei campi come al tavolo dei signori; piace ai milionari, la cantano i professori, la consigliano i farmacisti per guarire dai mali d'amore. Voi che vivete di porcherie, di acqua tiepida e di pane masticato lasciate perdere le medicine che vi spediscono all'altro mondo: per gli stomachi delicati, per le teste balzane, fate la cura della robiola, della robiola di Cocconato.

Della robiola di Cocconato non si butta via proprio niente e, infatti, della forma si mangia tutto. Formaggio a pasta molle e senza crosta, la robiola di Cocconato ha questa forma piatta e rotonda che la rende perfetta per essere spalmata su una bella fetta di pane. Poco meno di mezzo chilo, ogni forma di robiola di Cocconato deve avere un bel colore bianco latte brillante e deve avere una consistenza piuttosto cremosa, non troppo dura, altrimenti significa che è invecchiata. Adatta anche ai bimbi per il suo sapore delicato, la robiola permette di creare moltissimi piatti con abbinamenti diversi di carne, pesce e verdure.

 

La zona di produzione

La zona di produzione di questa robiola interessa tutta la provincia di Asti e prende il nome da Cocconato.
Cocconato si trova in provincia di Asti ed è qui che questa robiola viene prodotta. Chiamato anche la Riviera del Monferrato, a Cocconato si gode di un particolare microclima che rende il paese arieggiato e fresco. Di origine medievale, Cocconato ospita un magnifico palazzo in stile tardo gotico, ora sede del municipio, e una bella chiesa secentesca che vale la pena visitare. La Robiola di Cocconato è stata classificata come PAT - Prodotto Agroalimentare Tradizionale della Regione Piemonte (ai sensi dell'art. 8 del D.lgs. 30 aprile 1998, n. 173 e dell'Allegato alla Deliberazione della Giunta Regionale 15 aprile 2002 n.46-5823).

 

Il metodo di produzione della robiola di Cocconato

Per produrre una forma di robiola di Cocconato serve il latte crudo di due o tre munte pastorizzate. Poi vengono aggiunti i fermenti lattici, si alza la temperatura del latte che, a quel punto, caglia e si fa un primo taglio a croce per dividere le forme. Dopodiché, dopo aver fatto riposare il tutto per circa una quindicina di minuti, si procede con il secondo taglio, che questa volta è a noce. A questo punto si estrae la cagliata e la si mette negli stampi. Le forme vengono "stufate" per due o tre ore, poi vengono salate a secco e, infine, stagionate per circa 5 giorni. La stagionatura, chiaramente, è breve, trattandosi di un formaggio fresco, ma 5 giorni sono comunque necessari perché la forma raggiunga la giusta consistenza.

 

La robiola di Cocconato in cucina

Tradizionalmente, la robiola di Cocconato, per il suo sapore molto delicato, si gusta con la classica biovetta di pane fresco senza neanche un filo di olio per condirla: si apprezza meglio al naturale con del pane. D'estate, può costituire un pranzo leggero ma nutriente, magari abbinata a una insalata con rucola e pomodorini freschi. D'inverno, è perfetta per un risotto, come nella ricetta del risotto alla robiola con culatello brasato, o in quella del risotto con porri e robiola. Per un pranzo al sacco è perfetta in un panino con tonno sott'olio o in delle mini quiche di pasta brisé con robiola piemontese o in una piadia con rucola e petali di Asiago nero. E per un antipasto sfizioso? Mini finger food di dadolata di mela verde con spuma di robiola con tartare di salmone.

I versi che sono riportati all'inizio di questo articolo sono (tradotti dal piemontese) di Nino Costa, poeta torinese di inizio '900.

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