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Torna la vite a Venezia, nel giardino dei Carmelitani Scalzi

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Il Consorzio Vini Venezia e Attilio Scienza, docente di Enologia all'Università di Milano, hanno lavorato a lungo a un progetto che prevede la ricostruzione della biodiversità tipica della Serenissima. L’orto-giardino dei Carmelitani Scalzi è il più grande della città e ospita piante officinali, mediche, frutteto e vigneto. Si può anche visitare, accompagnati da un monaco-cicerone


Fuori c’è la Venezia dei turisti, dei negozi di chincaglierie, dei vaporetti affollati, dei locali con i camerieri fuori dalla porta urlanti pronti a catturare più clienti possibili. Sembra impossibile che a due passi dalla stazione di Santa Lucia, ma due davvero perché lo abbiamo sperimentato di persona, ci possa essere invece un luogo mistico e silenzioso, in cui l’anima naturalmente si riconcilia con il mondo. Vi sto raccontando quello che ho provato varcando la soglia dell’orto-giardino del Convento seicentesco dei Carmelitani Scalzi.

Cinquemila metri quadrati di verde, il giardino privato più grande della Serenissima, sette grandi aiuole coltivate a rampicanti (gelsomino, glicine, edera, bignomia gialla, plumbago), alberi di noce, alberi medicinali, piante di kiwi, kaki, melograni, frutti di bosco, passiflora, iris, erbe aromatiche e medicinali e, infine, filari di vite. Un eden sulla terra nel quale rivivono tutte le specie che, una volta, erano presenti in laguna.

L’iniziativa è stata sostenuta dal Consorzio Vini Venezia e il progetto è stato firmato dall’architetto Giorgio Foti. «Il legame di Venezia con il vino è molto antico, ce lo dicono gli studi effettuati», ha detto Carlo Favero, il direttore del Consorzio. A sostegno delle parole di Favero, quelle di Attilio Scienza, docente di Viticoltura ed enologia all’Università degli Studi di Milano: «Il vigneto creato nel giardino del Convento e un altro che abbiamo sull’isola di Torcello, nascono grazie alla mappatura delle 68 antiche piante di uva ritrovate a Venezia e in Laguna. Grazie a moderne tecniche di analisi del Dna estratto da alcune foglioline, abbiamo ottenuto l’impronta genetica della vite identificando 20 varietà di viti».

Le prevalenti sono quelle a bacca bianca: Albana, Dorona, Garganega, Glera, Malvasia Istriana, Moscato Giallo, Friulano, Trebbiano Toscano e Romagnolo, Verduzzo Trevigiano e Vermentino; tra quelle a bacca nera sono stati individuati Marzemino, Merlot e Raboso. Una curiosità che conferma come Venezia fosse dedita ai commerci: sull’isola di San Lazzaro degli Armeni, è stata identificata una varietà a bacca bianca chiamata Rushaki, un incrocio tra Mskali e Sultanina, tipica dell’Armenia ed evidentemente importata in Laguna.


Il giardino è un inno alla bellezza, un viaggio culturale ed emozionale in una natura che parla la lingua dell’antichità. Dal 20 marzo è visitabile solo su appuntamento chiamando il Convento dei Carmelitani Scalzi. Un monaco vi accompagnerò raccontandovi le storie di ogni pianta e non solo, sarà anche l’occasione per visitare la chiesa del Convento, Santa Maria di Nazareth, un capolavoro Barocco, sconosciuto ai più.

di Elena Caccia

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